EcoDif: come ripristinare la fertilità dei terreni agricoli

L’elevata specializzazione delle coltivazioni garantisce la standardizzazione del prodotto ma impoverisce il terreno. Questo determina lo sviluppo di malattie e di conseguenza l’utilizzo di sostanze altamente nocive. Il progetto EcoDif, prevede l’analisi del microbiota del terreno e il ripristino della sua fertilità mediante sovesci; l’utilizzo di sostanze naturali come oli essenziali, per il controllo di patologie aeree; l’utilizzo di modelli previsionali per un uso razionale di principi attivi.

agritech

Indice

Il contesto di riferimento del progetto EcoDif 

La necessità di aumentare le rese agronomiche e il massiccio utilizzo di fertilizzanti di origine sintetica, pesticidi e fumigazioni chimiche, hanno portato negli ultimi decenni a un uso non più sostenibile dei suoli agricoli.

Questo è dovuto prevalentemente allo scarso utilizzo delle rotazioni colturali che ha determinato il progressivo impoverimento della sostanza organica presente nel terreno, alla perdita di biodiversità e all’accumulo di patogeni tellurici.

Negli ultimi anni la Comunità europea ha dedicato grande attenzione all’utilizzo di prodotti chimici per l’industria e l’agricoltura.

In particolare, riguardo l’uso di pesticidi, l’Unione europea ha emanato la Direttiva 2009/128/CE che ha indicato limiti più ristretti per la registrazione di nuovi pesticidi e l’eliminazione graduale dei prodotti convenzionali caratterizzati da un elevato impatto ambientale, esempio per le sostanze che riducono lo strato di ozono (UNEP, 2006), o per le loro proprietà biocide.

Queste decisioni sono anche in linea con il crescente interesse volto sia a ridurre l’inquinamento, le emissioni di CO2 e i gas serra (Direttiva 2009/28/CE sulle fonti energetiche rinnovabili) che per la sicurezza alimentare (Regolamento UE n. 10/2011 sugli oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari).

Gli obiettivi previsti nel documento ASAP 5 (Agricoltura biologica e sistemi produttivi innovativi) e nella Direttiva 2009/128/EC sull’uso sostenibile dei fitofarmaci si incentrano su tre concetti chiave:

  • “Filiera” (ovvero approccio di sistema);
  • “Interdisciplinarietà” (ovvero integrazione di competenze diverse);
  • “Biodiversità” (ovvero valorizzazione di specie con peculiarità agronomiche diverse).

 

Tali tematiche sono considerate prioritarie dalla comunità Europea (orientamenti per “La PAC verso il 2020”) e costituiranno la base di un Partenariato Europeo per l’Innovazione (PEI) dal titolo “Produttività e sostenibilità dell’agricoltura” nell’ambito dell’iniziativa “L’Unione dell’innovazione”, mirante a promuovere un settore, agricolo e forestale, competitivo e sostenibile.

Tale quadro determinerà un cambiamento strutturale del sistema produttivo europeo.

Pertanto, appare sempre più fondamentale individuare delle alternative agli attuali pesticidi, promuovendo l’uso della difesa integrata e di approcci o tecniche non chimiche in alternativa ai pesticidi.

In questa direzione si inquadra il progetto EcoDif, che si propone di promuovere, attraverso il caso studio della coltivazione del melone in coltura protetta nell’Alto Lazio, l’adozione della difesa integrata e di tecniche alternative o complementari all’uso dei prodotti fitosanitari per il controllo delle principali fitopatie delle specie ortive.

Capofila è il Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria – Centro di Difesa e Certificazione, CREA-DC sede di Roma e Arsial è partner di progetto.

CREA e ARSIAL insieme per portare avanti il progetto EcoDif

Patologie emergenti di interesse nazionale 

Strategie quali il miglioramento genetico, l’uso di agenti di biocontrollo e l’utilizzo di mezzi fisici, hanno consentito nel tempo di contenere diversi patogeni.

Tuttavia, esistono patologie “emergenti” di importanti specie di interesse agricolo nazionale legate all’ambiente suolo quali: il “mal del piede” per la cerealicoltura, il “collasso” delle cucurbitacee, la “moria” del kiwi, i marciumi del colletto per la nocicoltura, i marciumi radicali delle piante in vivaio e le malattie del reimpianto per la vite e altri fruttiferi, per le quali non esistono al momento strategie di lotta efficaci e/o ecocompatibili.

Per trovare una soluzione che sia rispondente ai nuovi orientamenti europei è necessario, quindi, ricorrere ad un approccio interdisciplinare (le buone pratiche EcoDif), che parta da un uso sostenibile del suolo.

Non si può, quindi, prescindere dalla definizione di fertilità di un suolo, e quindi da tutti i differenti aspetti legati alla sua funzionalità chimica, fisica e biologica.

Nei suoli agricoli, in assenza di input esterni, la composizione della microflora nella rizosfera è il risultato dei meccanismi di selezione diretta e indiretta operata dalla pianta sulle comunità microbiche e dipende anche dalle caratteristiche pedologiche del suolo.

Tra i microrganismi del suolo, i batteri e i funghi rappresentano i gruppi numericamente più rilevanti e più importanti in termini di attività metabolica poiché sono essenziali per la mobilizzazione delle sostanze minerali, la mineralizzazione della sostanza organica, l’immobilizzazione dei nutrienti, la rimozione delle sostanze tossiche e la partecipazione ai principali cicli biogeochimici sostenenti la biosfera, sia in condizioni di aerobiosi sia di anaerobiosi.

In particolare, la biodiversità dei batteri del suolo riveste un’importanza fondamentale tanto dal punto di vista genetico, fungendo da riserva di risorse genetiche, quanto dal punto di vista ecologico, in quanto maggiore è la biodiversità della comunità batterica, maggiore sarà la sua capacità di resistere agli stress esogeni e di recuperare rapidamente le funzioni eventualmente perdute (resilienza).

I funghi sono gli organismi più coinvolti nella prima fase di degradazione dei materiali indecomposti e hanno un ruolo molto importante sull’evoluzione qualitativa della sostanza organica e della frazione umica.

Nel settore agricolo, oltre a un uso più sostenibile dei pesticidi, tutte le altre alternative possibili passano attraverso una rinascita di virtuose pratiche agronomiche (come la rotazione), grande attenzione al contenuto di sostanza organica nei suoli (con le tecniche del suolo cosiddette “conservative”) e l’uso di materiali naturali nella gestione dell’impianto e difesa.

L’obiettivo comune a tutti questi approcci è di mantenere la produttività anche con una minore applicazione di prodotti chimici attraverso il miglioramento della fertilità del suolo e la salute delle piante mediante tecniche fisiche, biologiche e agronomiche ecocompatibili.

schema che spiega la tecnica della biofumigazione
Fig. 1 – La biofumigazione.

La “riscoperta” della biofumigazione 

In questo ambito, venti anni di studio hanno messo in evidenza i vantaggi derivanti dall’uso delle Brassicaceae con la cosiddetta tecnica di “Biofumigazione”.

Biofumigazione significa “l’effetto soppressivo su alcuni patogeni del terreno attraverso la liberazione di isotiocianati derivati dall’idrolisi dei glucosinolati rilasciati da tessuti incorporati o colture di rotazione, in particolare la Brassicaceae“.

Le proprietà biologiche del sistema glucosinolati-mirosinasi (GL-MYR) sono state ampiamente studiate e la loro applicazione mediante piante di Brassica e formulati derivati è stata proposta, e praticata, sia in aziende biologiche che a conduzione convenzionale, per contenere alcuni patogeni del terreno e dell’aria e parassiti.

L’utilizzo della biofumigazione (come sovescio verde o come utilizzo di farine) può fornire ancora oggi un valido rimedio per il controllo di alcune malattie telluriche e per il ripristino della fertilità del terreno.

Tuttavia, resta da chiarire il ruolo svolto sia dall’azione degli isotiocianati sia dal lento rilascio della sostanza organica apportata.

appezzamento di Brassica juncea prima del sovescio
Fig. 2 – Impianto di Brassica juncea prima del sovescio.

La coltivazione e il sovescio di colture di Brassica, grazie all’elevato sviluppo dei loro apparati radicali, determinano anche altri benefici, come il miglioramento della struttura del suolo, del drenaggio e della cattura dei nutrienti, oltre a fornire un rifugio per gli ausiliari.

L’elevato sviluppo dell’apparato fogliare, inoltre, contribuisce anche alla notevole riduzione della carica delle infestanti.

Accanto ad approcci di studio convenzionali, nel corso del progetto EcoDif saranno utilizzati approcci molecolari innovativi per lo studio del suolo e della sua fertilità biologica, che consistono nell’isolamento e nel sequenziamento massivo del DNA delle comunità microbiche (fungine e batteriche) attraverso le moderne tecnologie di sequenziamento Next-Generation Sequencing (NGS) in grado di fornire un’immagine realistica della composizione genetica delle comunità microbiche e delle sue variazioni.

Fig. 3 – Operazioni del sovescio: trinciatura e fresatura.
uomo che spande il pellet di formulato EcoDif
Fig. 4 – Distribuzione del formulato pellettizzato e dettaglio del pellet prima dell'interramento.

Raccomandazioni pratiche di EcoDif per una corretta biofumigazione

Scelta del sito: dove possibile, è importante inserire la coltura biofumigante all’interno della propria rotazione, cercando di massimizzare lo sviluppo vegetativo della pianta prima del sovescio (stadio fenologico: inizio fioritura) al fine di aumentare la biomassa incorporata e di aumentare la quantità di isotiocianati sviluppati. I terreni a pH basso (inferiore a 5) possono produrre condizioni meno favorevoli alla biofumigazione rispetto a quelli con un pH più neutro.

Scelta della specie biofumigante: nel caso di sovesci verdi per il controllo di funghi e oomiceti fitopatogeni, esistono in commercio delle varietà di Brassica (B. juncea) selezionate per l’elevato tenore in glucosinolati nei fusti e foglie. Nel caso di infestazione di nematodi, sono disponibili in commercio specie (rucola) con una elevata concentrazione di glucosinolati nelle radici. Infine, in caso di impossibilità di effettuare sovesci verdi, sono disponibili formulazioni pellettizzate di farine disoleate di brasscicacee (B. carinata) per utilizzo come pellet o, in seguito a micronizzazione, anche in fertirrigazione mediante preventivo scioglimento in emulsione oleosa.

Tecnica colturale: al momento del sovescio, il mantenimento di un sensibile tenore di umidità del suolo e la possibilità di coprire con un telone il terreno favorirà la diffusione delle sostanze volatili sprigionate e il loro mantenimento negli strati di suolo interessati alla disinfezione. I composti organici volatili si perdono rapidamente dopo la triturazione: il materiale vegetale deve quindi essere interrato rapidamente, idealmente subito dopo la trinciatura. Se possibile, si raccomanda di utilizzare una trinciatrice anteriore seguita da una fresatrice posteriore e successiva compressione in un unico passaggio. Dopo il sovescio, la maggior parte degli isotiocianati viene persa nelle prime cinque ore. Tuttavia, esistono altri composti volatili secondari che possono svilupparsi successivamente. A tal fine, è importante considerare un intervallo di tempo (7-10 gg) prima di procedere con la semina di una coltura da reddito in modo da avere il tempo sufficiente per arieggiare il terreno.

nella biofumigazione è meglio coprire il terreno con teloni
Fig. 5 – Copertura con telo impermeabile.

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Alessandro Infantino

Alessandro Infantino

Ricercatore senior e membro del comitato scientifico presso il Consiglio per la ricerca agricola e analisi dell'economia agricola, Centro di ricerca per le malattie e la certificazione (CREA-DC di Roma).

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